di Nino Barone
Ho pianto alla notizia della morte di Totò Schillaci. È come se all’improvviso avessi avvertito un vuoto, quel vuoto che forse Totò aveva riempito con le sue gesta, non solo come calciatore, ma anche come simbolo di qualcosa di più profondo. Un campione che per me rappresentava un ponte verso gli anni più spensierati della mia vita, quando tutto sembrava possibile. Nel mese di giugno del 1990 non avevo ancora 18 anni, ma ricordo perfettamente il periodo in cui Totò divenne un’icona per l’Italia intera, soprattutto per noi siciliani.
Rappresentava quella Sicilia che, nonostante le difficoltà della vita, non si arrende mai. Una terra difficile, dove si lotta senza clamore e si diventa eroi, anche invisibili. Totò ci rappresentava nel mondo e tutti noi ci incollavamo al televisore, non tanto per seguire la partita in sé, ma per aspettare quel gol che sapevamo sarebbe arrivato. Schillaci era sempre lì, puntuale, pronto a colpire come un vero attaccante, un predatore d’area di rigore. Ogni suo gol portava una gioia indescrivibile.
Con Roberto Baggio, formava una coppia straordinaria. Insieme avevano trasformato quel Mondiale in un’opera d’arte e avevano già dimostrato il loro talento nella Juventus. Ricordo bene anche la satira su Totò, per il suo modo imperfetto di parlare italiano, ma lui riusciva persino a ridere di sé stesso. Aveva capito che, sul campo da gioco, non serviva il congiuntivo: lì era un’altra grammatica e lui un vero professore.
Oggi ho pianto, perché con la scomparsa di Totò se ne va un pezzo di quel riscatto siciliano che per un po’ ci ha resi liberi, liberi da un pregiudizio che, ancora oggi, si insinua nella nostra vita spesso velato, spesso allusivo. Totò Schillaci aveva dato non solo gioia all’Italia, ma aveva fatto risplendere la sua Sicilia. Il quartiere Cep di Palermo, dove era cresciuto, impazziva per lui. Aveva trovato nel calcio un’ancora di salvezza e, una volta ritirato, aveva voluto restituire un’opportunità a tanti giovani, aprendo una scuola calcio nella sua amata Palermo.
Grazie, Totò. Oggi una parte del mio cuore si è spenta.
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