di Nino Barone
Per scrivere in siciliano “angolo” si utilizza il termine “agnuni” o “gnuni”. Fin qui tutto regolare, persino i vocabolari più importanti riportano entrambi i termini. Ma bisogna concepirlo al maschile o al femminile? Taluni studiosi, con determinazione, affermano che il termine sia maschio, posso anche essere d’accordo: lu agnuni (apostrofato l’agnuni), un agnuni (prununciato ‘n agnuni). Quest’ultimo caso potrebbe costituire motivo di confusione in quanto, spesso, al posto dell’aferesi vi si colloca l’apostrofo dopo la “n” trasformandone il genere: n’agnuni (na agnuni, quindi al femminile). Dalla derivazione latina “angulus” si evince il genere maschile e la presenza della “a” iniziale. Ma come mai molti testi e molti autori preferiscono invece gnuni? E come mai in alcuni vocabolari si riscontra anche il termine “gnuna” al singolare? Gnuna è femminile: la gnuna, li gnuna, na gnuna. Da aggiungere che il termine è vivo in molte aree della Sicilia. La risposta si può trovare nel greco “gonia” che vuol dire “origine”, “punto di partenza”. Chi si intende di lingue noterà certamente che “gnuna” non è altro che metatesi di “gonia”. A questo punto, stando ai fatti, credo che non sia del tutto sbagliato, visto l’etimo greco, quindi più antico di quello latino, il genere femminile del termine. E’ altrettanto ovvio che, al di là dell’obiettività espressa, il termine si può utilizzare sia al femminile che al maschile purché vi sia una coerenza ortografica dello scrivente.
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