di Nino Barone
Era una sera di primavera, nella vecchia sede di piazza Jolanda, quando si scatenò quella discussione che ancora oggi mi fa sorridere e rabbrividire al tempo stesso. Ero già console dei Metallurgici, in seno alla processione dei Misteri di Trapani, un onore e un impegno che portavo nel cuore fin da quando ero bambino. Avevo sempre vissuto con profonda devozione per quei meravigliosi gruppi scultorei che rappresentano la Passione e la Morte di Cristo.
Tuttavia, quella sera, durante una riunione associativa, scoppiò una discussione accesa tra me e un altro console, più anziano dal punto di vista anagrafico, ma con meno esperienza nella processione. Senza alcuna considerazione per il rispetto dovuto al mio amore per la tradizione, si permise di definirmi un “esibizionista” per il semplice fatto che amavo mettermi sotto l’asta della vara.
Quelle parole ferirono profondamente il mio orgoglio e il mio senso di devozione. Non potevo permettere che qualcuno senza una “storia” e una comprensione profonda di quella penitenza, di quel voto, mettesse in discussione il mio sentimento. Per me, mettersi sotto le aste di un gruppo scultoreo era una cosa seria, un modo di espiare i propri peccati, un modo di esprimere gratitudine per grazie ricevute o richieste.
Senza pensarci due volte, presi la parola con un pathos carico di emozione e difesi con fermezza la mia scelta. Le mie parole erano come un grido di lealtà nei confronti del valore che quella pratica rappresentava. Ricordo perfino di aver dato un calcio a una sedia in un momento di fervore. Poi, uscii dalla sede, e la mia rabbia mi faceva sembrare una persona diversa da chi ero solito essere.
Alcuni consoli cercarono di calmarmi, ma la mia determinazione era inamovibile. Il mio capo-console minacciò provvedimenti, ma non ho mai capito di che natura sarebbero stati. Fortunatamente, col passare del tempo, la calma tornò, e la discussione si placò.
Quella sera, ho imparato che difendere ciò in cui credi è importante, ma anche che la devozione per le tradizioni richiede rispetto reciproco e comprensione. Mettersi sotto le aste di un gruppo non è un gesto di esibizionismo, ma un atto di fede e dedizione profonda che va al di là delle parole e delle discussioni. È un modo di portare avanti una tradizione che ha radici profonde e che continua a vivere nei cuori di chi la ama.
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