di Nino Barone
Nel contesto delle antiche tradizioni e delle celebrazioni della Settimana Santa, la figura del Console dei Misteri si è gradualmente trasformata in una rappresentazione astratta, spesso limitata alla cerimonia del Venerdì Santo, in cui il Console indossa un vestito scuro e sfila in processione. Tuttavia, è giunto il momento di riflettere su come questa figura debba ritornare a essere qualcosa di più profondo e significativo, non solo nel contesto delle festività religiose, ma anche all’interno della società.
Essere Console non dovrebbe ridursi all’atto di indossare un abito tradizionale e partecipare a una processione. È una responsabilità che richiede amore profondo verso la tradizione, una visione chiara e una mentalità che vada oltre la superficie delle celebrazioni. La figura del Console deve recuperare un suo peso specifico, diventando una guida autentica per la comunità, con una presenza rilevante non solo durante la Settimana Santa ma anche nella vita quotidiana della società.
Purtroppo, negli ultimi tempi, abbiamo assistito a una tendenza a nominare Consoli basandosi esclusivamente sulla loro capacità di apportare risorse economiche al gruppo. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che questo approccio può portare a Consoli “vuoti”, privi di storia, esperienza, visione e, soprattutto, di amore profondo verso la propria comunità. La vera essenza del Console non può essere misurata solo in termini finanziari ma deve riflettersi nella dedizione e nell’affetto per il proprio gruppo.
La realtà è che il vero Console spesso non è colui che pratica il mestiere specifico della maestranza. La passione per questi sacri gruppi è qualcosa che scorre nel sangue, trasmessa di generazione in generazione dai genitori. Così, il Console autentico può provenire da qualsiasi categoria, poiché ciò che conta è l’amore radicato nella tradizione e la capacità di condividere questo amore con la comunità.
Riflettendo sulle parole dell’Architetto Giovanni D’aleo, ci si interroga sulla possibilità di creare una scuola dedicata alla figura del Console. Se questa idea sia realizzabile o meno, è un punto da valutare. Tuttavia, è innegabile che sia necessario ridare al Console una dimensione diversa, un ruolo che vada al di là delle apparenze e che incroci il rigore con cui la maestranza dei Muratori e Scalpellini seleziona e nomina i nuovi Consoli.
Il Console deve essere il custode e il promotore autentico delle tradizioni, guidando la comunità con amore, saggezza e una visione lungimirante. La sua presenza deve essere tangibile non solo durante le celebrazioni religiose ma anche nel tessuto quotidiano della società, contribuendo a preservare e arricchire il patrimonio culturale tramandato attraverso generazioni.
E’ opportuno sottolineare che questa mia riflessione sulla figura del Console prende vita nel corso della presentazione del libro dedicato alla maestranza dei Muratori e Scalpellini, curato con dedizione e passione da Francesco D’Aleo. Un personaggio della processione dei Misteri da sempre considerato “fuori categoria” in quanto medico, eppure attraverso questo libro, ci offre un prezioso spaccato di storia nostrana.
Le sue ricerche certosine e, soprattutto, l’amore verso le tradizioni locali, hanno guidato D’Aleo alla scoperta di una dimensione più profonda della figura del Console. Questo libro non solo ci offre una panoramica dettagliata sulla maestranza dei Muratori e Scalpellini, ma si trasforma anche in un veicolo che ci spinge a riflettere sulla necessità di riscoprire e valorizzare il ruolo autentico del Console nella processione dei Misteri.
In definitiva, il ragionamento qui esposto è il frutto di una profonda contemplazione ispirata dalle parole e dalle ricerche appassionate di Francesco D’Aleo, un medico “fuori categoria” che, con il suo libro, dona al patrimonio culturale locale una testimonianza ricca di storia, dedizione e amore.
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