di Nino Barone
La processione dei Misteri di Trapani ha subito negli ultimi tempi delle metamorfosi che rivelano un cambiamento sottile ma tangibile nel suo rituale intrinseco.
Uno degli aspetti più evidenti di questa trasformazione è emerso durante il momento toccante dell’entrata del gruppo: i Consoli, una volta varcato il portone della chiesa e posata la vara, si scambiavano abbracci senza riserve, in un gesto spontaneo e sincero che trasudava emozione. Era un istante atteso con trepidazione anche dai fotografi, che aspiravano a catturare l’intensità delle sensazioni vissute in quei momenti.
Tuttavia, negli ultimi anni, questo gesto di affetto reciproco è stato progressivamente soppiantato da un’atmosfera più frettolosa. Appena entrati, i partecipanti si trovano quasi costretti a lasciare rapidamente la chiesa, forse per ragioni di sicurezza, senza poter assaporare appieno l’essenza di uno dei momenti più pregnanti della processione. Era consuetudine dei Consoli sedersi davanti alla vara e assistere l’entrata degli altri gruppi.
Un’altra consuetudine che si è persa nel tempo riguarda sempre i Consoli che, prima di abbandonare la chiesa, prelevavano qualche fiore dalla vara dei Misteri da portare con sé a casa. Questo gesto, intriso di simbolismo, significava portare con sé un frammento dell’esperienza della processione, una porzione delle intense emozioni vissute durante il rito sacro.
Questi cambiamenti, pur sottili, denotano una trasformazione graduale ma significativa nel tessuto stesso della processione dei Misteri. Forse riflettono l’adattamento ai tempi moderni, in cui persino le tradizioni più radicate devono piegarsi a nuovi standard di sicurezza e ordine pubblico. Tuttavia, mentre la processione si evolve, è importante registrare tali cambiamenti, riconoscendo che ogni trasformazione porta con sé una nuova sfumatura di esperienza.
Aggiungendo ulteriori riflessioni sull’importanza dei gesti simbolici all’interno della processione dei Misteri di Trapani, va sottolineato l’incisivo appello avanzato dall’Arch. Roberto Manuguerra attraverso l’emittente Telesud. Egli richiama l’attenzione sull’atto altamente simbolico di chiudere immediatamente il portone all’entrata dell’Addolorata. Questo gesto, evidenzia Manuguerra, non è semplicemente un atto meccanico, ma un potente simbolo della chiusura del Sepolcro in attesa della Resurrezione, un rituale che dovrebbe riflettere il significato più profondo della celebrazione.
L’invito a ripristinare, laddove possibile, il senso autentico di ciò che si celebra, è un richiamo alla necessità di preservare l’autenticità e la sacralità dei riti religiosi. Senza questa consapevolezza del significato simbolico dei gesti compiuti durante la processione, si rischia di trasformare un evento spirituale in una rappresentazione in cui l’elemento spettacolarizzante prevale sull’aspetto più profondo dei significati.
In un contesto in cui le tradizioni religiose possono essere soggette a una diluizione dei loro significati più profondi, è fondamentale mantenere viva la comprensione e la pratica di tali gesti simbolici, che connettono i fedeli con il cuore stesso della loro fede e della loro spiritualità.
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