di Nino Barone
In un tempo ormai passato, questo particolare periodo dell’anno emanava il profumo avvolgente della martorana, quel dolce squisito che spesso veniva preparato in casa, a volte persino in maniera industriale. La Festa dei Morti si avvicinava e per noi bambini diventava un’occasione tanto attesa, poiché nutrivamo la speranza di scoprire doni nascosti in giro per le stanze della casa, coperti da tante prelibatezze e dalla frutta martorana.
La notte dell’1 novembre, come tradizione, andavamo a letto presto. Mia madre ci ammoniva a dormire profondamente, spiegandoci che, se ci fossero giunti visitatori dal mondo dei morti e ci avessero trovati svegli, avrebbero gettato cemento nei nostri occhi. Eravamo giovani e ingenui, e naturalmente ci credevamo ciecamente.
La mattina del 2 novembre iniziava la “cerca.” I morti si divertivano a nascondere i doni nei posti più impensabili della casa. Quando finalmente mettevamo le mani su un regalo e vedevamo il cesto traboccante di dolci, iniziava la vera festa. Era un momento di gioia e di sorrisi, una tradizione che riempiva il cuore di ogni membro della famiglia.
Dopo aver trovato i doni, ci preparavamo per un’uscita speciale. Tutti insieme, ci recavamo al cimitero. Era un dovere andare a ringraziare i nostri cari defunti, che anche questa volta non ci avevano deluso. Portavamo fiori freschi e accendevamo candele per onorare le loro memorie, con un sentimento di gratitudine nel cuore.
Verso i dieci anni, la verità iniziò a svelarsi. Cominciai a capire da solo che dietro ai regali e alle prelibatezze c’erano i miei genitori, che con amore e dedizione avevano portato avanti questa meravigliosa tradizione. Ma a quell’epoca, nessuna maestra avrebbe mai rotto il mio piccolo cuore di bambino raccontandomi la verità. E così, continuai a credere nella magia della Festa dei Morti, un’occasione che ci riuniva in famiglia, con amore e gioia, per onorare i nostri cari defunti e celebrare la vita.
La Festa dei Morti era molto più di una semplice tradizione. Essa rappresentava un modo unico e profondo di ricordare e vivere i nostri cari defunti, ma allo stesso tempo esprimeva un tentativo di esorcizzare la paura dal mondo oscuro della morte avendo anche un ruolo educativo importante, specialmente per i bambini. L’idea che i doni da parte dei defunti fossero legati alle buone condotte a scuola e in famiglia era un modo efficace per trasmettere valori e norme sociali. Questa festa poteva fungere da strumento per insegnare il rispetto per chi ci aveva preceduto, il valore delle relazioni familiari e il comportamento etico.
Questa festa contribuiva a cementare i legami tra le generazioni e a rafforzare il tessuto sociale e offriva un modo unico per esplorare e celebrare il mistero della vita e della morte.
- Da portatore dei Misteri a portavoce della Disabilità: La Storia di Simone Galia
- Francesco Scontrino: Da Trapani a Vonnas, il Giovane Chef alla Corte di Georges Blanc
- Addio a Totò Schillaci: l’Eroe che ha fatto sognare l’Italia intera
- Quando le barriere non sono solo fisiche: la battaglia invisibile per la dignità
- Oltre lo Specchio: Come Chi Non Vede Percepisce Se Stesso e gli Altri